Poesie del Poeta
Marco Simonelli ispirate a Simonetta Della Scala
dal sette luglio di ogni anno
chi ti tiene dentro la memoria
vuole tuoi sorrisi
e calma di ruscelli
(siano flussi e strali a scendere
fra i capelli dalle notti odorose e dai tasti
per il mosto che rompe le pareti
in reti terse, serpenti e uova
fra le spire
ma non ire
non lampeggi
ogni grano cadendo nel budello
si chiama clessidra)
---
7 luglio, per te, Simo
(variazione)
Il prodotto della notte si accostava
con rime fluenti lungo il selciato della mia
nostalgia. Al di sotto del rossore bastava la fuga
lungo gli stracci della nostra nevralgia, sulle tempie
a botto suadenti tornavano le lamentele picchiando
fortemente: lungo l'asfalto rimava candida la grigia
pioggia sferzante, penetrando lunga nelle orecchia
plastiche delle tue dita flesse sul volante. E tutte
le autovetture fuggivano nottetempo
car le foglie su cui scrivendo mi rabbuio
sono lunari celestialità e
la tua mente dal rumore del cristallo che cresce
è un dente di latte e miele addormentato
sulle sabbie cigliari di un conosciuto
anonimato.
(19/7/2002, poema per la dama rossa #01)
(nel condomionio si innerva silenzio, al
sacrificio dell'inverno sfregiato porto
un compendio di varia natura. nel tuo limone
le ore bellimbuste rincorrevano quegli scampoli decisi
a zittirci che su fette di zucchero io vorrei
incastonate per un futuro di gessata saggezzaza. nel
colostro vi era pure il necessario per supplire alla
scure redazionale che tagliava bisbetica le mie più
affilate unghie. se dalla notte perveniva un tepore
crudo di acredini la morbida consistenza delle matasse
raggelava nel frigorifero in cui teniamo le provviste.
se alla sprovvista luna giravamo il capo, il capo
dimenticava la mappa stradale delle dita e ogni più
colorata arcobalenante vettura usciva allegra dalle
mura
fuoriporta per la frescura in un'estate logica di
glosse solari, strali primari su braccia quando
dal parlamento della immaginazione fuoriuscì
il divieto capitale della caccia
(poema alla dama rossa #2)
si svitano finestre
come frasi che saltano
ogni trave
sotto torchio
di tempesta
la chiglia di testa
mentre pensi
sopra testuggini bianche
lungo greti sudati
di grandine fresca al pomeriggio
altrove stavano roveti
2003
La Bambina di Vetro
Portrait#1
frena da quel
pullover
che le cuce
addosso duro di
sudore
(ogni soffio dal
tubo
è una pasticca)
sulle punte
gli indici
alzati
ad ogni stella
che non stava a
guardare
Portrait#2 (con
busto ortopedico)
Incrinata
catene con pelle
intorno
stringono dal
vivo la colonna
Danzando sul
crinale della mensola
concorda che
carne non è carta
(rimane
monco
questo soldatino)
La vede in fuoco
(scivolare da
sotto
il parapetto
al giaciglio scheggiato
ai frantumi del letto)
“perché l’hai
fatto?”
La luce dalle
sbarre s’assottiglia
(sotto
l’epitaffio)
il passo a
mezzogiorno
le scale sole
e marmo
ed un respiro
fine
come d’ascensore
Tu non sai
dell’ingorgo
di foglie e
d’acque morte
che ostruiva
l’atrio
Cercavo
una
moltiplicazione che mi
rendesse esatta
la cifra dei miei
anni
(Uscita fuori
filiforme e muta
e sabbia carsica
di ciglia
mentre nel ventre
tutti i vetri a tratti
mi nascevano
trincea
in cocci
in croce)
(con tutto il
nylon delle calze
fin dalla bocca
carnieri per
colombe)
Hypno
Come da Seattle
nel Novantaquattro
si rinnova catena
di sospiri
sussulti
e soffi
inopportuni per questo
pozzo insanguinato
Quando da sonno
a veglia t’avvicini
con ruotare
scattante di testa
svegliarsi è
cadere a
precipizio
negli occhi bui
come aghi
sbiaditi dentro
membra te grandi
(non scompaia la
tua tempia
sul muro)
( che
duri
oltre tutti i
dormiveglia)
last
L’ora esatta
scritta come
informazione ferroviaria
ti conserverà
nella tabella
sarai reliquia
incastonata
la pelle
risciacquata
lavapiatti per
ceramica ispessita
la testa
una bolla di
sapone
Portrait#3 (in
albero invernale)
Non schianto
le tue mani belliche
ora nodi
disboscati dal diluvio vario
conosco
il grasso
funambolo
che s’aggira
sbandando fra le tempie
quella sbarra
e la biglia
bilanciere
peso non asciutto
al fazzoletto
(Un sacco usato
della spesa
piroetta dietro
cancellata
si strappa sul
tuo ramo)
(è un richiamo)
dry clean
Scrivimi
da quella
cartolina di metallo
che tenevi cucita
nella frangia
(dentro ai bulbi
acquaio con
celenterati)
Correggi le cifre
riporta
lo zero
sulla vetta delle
sottrazioni
che sia dispari
la ricevuta
mentre pulisci
ossa come panni
asciutte fino
alla cambiale
tirata a nervo
d’erosione
Sarà mestizia
alla fine del contratto
le guance cave
otturate le
mascelle
su nostri visi
magri
d’inquilini
Portrait#4 (in
taxi)
A quest’ora
accompagnando
lacrime di turno
criminale
Sfreccia
sfilandosi nastri
bobina che ripete
la via ogni
tragitto
immerse mani nel
vano sconfitto
(dito zitto che
schiaccia la bugia)
Il nome di mio
padre non ricordo
Idmone o Inaco
(mi sembra)
c’è giove che mi
ama
è per questo che
sono una giovenca?
Portrait#5 (con
torta di compleanno)
Le sue punte
rimaste sulla glassa
(commozione)
simili a
sorrisi
strofinati
quando vira verso
un anno nuovo
Le boe gli
ormeggi
e la catena a
crosta d’alghe
che non regge
l’aliante formato
dai capelli
è cometa presa alla
sprovvista
(lo scatto che la
ferma in un istante)
la meta persa per
colpa degli occhiali
per una
svista
*
La bambina di vetro in emicrania
in tribolare di estremità superiori
in approssimazione di deraglio se
l'ossessione delle ossa trancia netta
approssimazione a campi-imperi di
seminature
la misura esatta attesta che gli astanti
presenti
siano addobbaglie di pubblico pagante
che funga
da amena nemensi quotidiana
l'oltrepassata soglia ospedaliera
*
giochiamo di dadi il bersaglio di dardi
a pelle,
sulla pelle che si scivola all'osso in
possessione
forgiamo
*
gherigli ghirigori su lamine e steccati
incidendo il tuo nome proprio personale
sul ghiaccio-
approssimarsi a frenesia quando tocchi e
si riscalda digitante
la tua mìmesi sui tasti
*
Appartenersi: appartenersi-farsi di marmo
spesso e mura
laddove la polpa tutta si mostra e
splende fragile fragrante
impianta carapace di barriera
porta un riparo di notte stellata
dove dopo lo scoppiare di bombe
rimangono superstiti pochi neuroni
*
se il mondo che ti ruota intorno si
riempie di vuoto
prova le tue maschere nel primo
pomeriggio
trova la memoria irrisoria
*
ride il campo, ride l'angolazione spigolo
cantuccio
la prospettiva intera trae piacere ilare
dal rallentamento
in geli autunnali foglie frante stecchite
rimaste di folata
prenderanno ironica pietà dei nostri
bianchi innocenti nubifragi
da poche umili semplici persone saranno
pulite
le lastre nominate della nostra clinica
illusione
Marco Simonelli
www.marcosimonelli.net
marco.simonelli@gmail.com
marcosimonelli@hotmail.com