Suggestioni setate. Concetto cangiante di prose a
tutto tondo che può dunque comprendere in sé ogni lemma critico, saggistico,
narrativo, artistico. Velate, estese, realtà ed irrealtà che si plasmano per i
nostri sensi. Nebbie di un arcobaleno che ci seduce e insieme ci rende sempre
attivi lettori di fragili, stabili contingenze. Pregiati scorci di un volgersi,
attraverso la materia, a ciò che si cela dietro, allo scandaglio dell’anima
sempre in fuga, restia ad una valutazione univoca... SDS.
4. Sogno
Non ricordo bene. Sensazioni, quelle sì, ma
vaporose. Una specie di cinema, un’immensa galleria, forse una cattedrale. Uno
spazio caldo e affollato, ma aperto verso l’alto. Colonne di marmo che si
alzano solenni. No, solenni no. Oscure. Il buio era denso di respiri. Uscii.
Era quasi notte. Le ombre si proiettavano lunghe sull’asfalto. Qualcosa di
familiare nell’aria, nelle case solitarie. Come il mio vecchio paese, ma non
proprio. No, ero altrove. Mi voltai indietro. C’erano due bambini accanto ad un
giardino. Piccole figure contro il riverbero arancio. I capelli scompigliati
dal vento. Uno dei due, il più piccolo, corse verso di me. Capelli neri, lisci.
Guance paffute. Occhi grandi e marroni. Non più di dieci anni. Mi abbracciò
stretto, quasi soffocante. Lo conoscevo. Meglio, lo riconoscevo. Amici, un
tempo remoto. Un abbraccio profumato. Mi sembrò naturale. Non so perché. Un
dettaglio mi sfuggiva. Un piccolo dettaglio. Io non lo strinsi. Passivo,
straniato. – Scusa – dissi – L’ultima volta non ti ho riconosciuto, sei
cambiato moltissimo. Ma… – Piangeva. Compresi subito perché. Ricordo le sue
lacrime calde. Lo spazio si chiuse su di noi, come una cupola di stelle. – Perché
piangi? – chiesi comunque. – Vivo solo in un ricordo, in una fantasia, in un
sogno. – Mi svegliai. [28/04/01]
37.
Caffè
È strano, per me, alzarsi alle quattro di mattina,
o per meglio dire di notte. Il letto ancora caldo e l’odore familiare della
stanza sembrano trattenermi da un salto verso altri climi e altri odori ignoti.
Il caffè preparato nel silenzio della casa – mia madre non si è ancora alzata,
ma al momento della partenza sarà pronta sulla porta per salutarmi con troppi
opprimenti consigli. Ci sono sempre mille cose da fare prima di una partenza, e
la paura di averne dimenticata anche una – una paura che è certezza matematica
– è una contrattura quasi dolorosa allo stomaco. [05/08/03]
239.
Il momento perfetto
Il cielo è sereno. Ho una maglietta a maniche corte
sotto il bomber. Cambio treno a Bologna. Tutto preciso. Leggo un romanzo di
Mishima, Confessioni di una maschera, ottimo all’inizio ma poi perde
d’interesse. Arrivo alla stazione di Rimini alle 10.39, in perfetto orario, ma
poi aspetto 40 minuti alla fermata dell’autobus per un 2B che non arriva mai.
Sono molto scocciato. Arrivo infine all’Hotel Villa Maris verso le 11.40, avrei
fatto molto prima a piedi, viaggio anche leggero visto che non so se rimango
per la notte o parto stasera. Scendo alla fermata proprio davanti all’albergo.
Dall’esterno si presenta bene: modesto ma simpatico e vicino alla spiaggia. Mi
domando se riuscirò a farci un salto, anche se so benissimo che sono qui per
lavorare, a spese della IEJ, e non per il mio divertimento. Entro in un salone
da pranzo vuoto. Un tizio mi chiede se sono esperantista, quindi mi indica una
scala che scende nel seminterrato dove, in un salone attorno ad un tavolo, è
riunito l’estraro neo-eletto a Savona. Mi salutano tutti, Ginetta con un
bacio sulle guance. Lei è la presidentessa e sa il fatto suo. Miklós, che non
rivedo dal festival di Fenestrelle, è molto cambiato. Dopo tre ore di estrarkunsido
me ne vado sulla spiaggia. Si è rannuvolato, tira vento e la temperatura è
scesa, ma col bomber si sta bene. Sono anni che non vedo una spiaggia da così
vicino. Non c’è nessuno, molto tranquillo. Mi distendo su una sdraio solitaria.
Adesso – alle 16.42 – provo un grande senso di pace, di contentezza, che non
provo da anni. Mi sento davvero in pace con il mondo, cullato dalla risacca,
accarezzato dalla brezza; un momento perfetto che durò appunto un momento, poi
si andò piano piano spegnendo nelle ore successive. Sentivo in quel momento che
tutto andava bene, che non c’era un solo pensiero negativo. Pensai quasi quasi
mando un sms alla Chiara, ma poi non lo feci perché tanto il suo cellulare non
riceve mai i miei messaggi. [17/05/03]
MA.
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