Elementi
Viaggio pretestuoso, lacunoso e totalmente arbitrario, dalla teoria cinese dei cinque elementi alla poesia dei cinque continenti
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Un'indagine a tutto tondo che si staglia in acque aggregate a molecole complesse di cultura e sentimento.
La rubrica di Riccardo Caccia possiede un elevatissimo, composito, valore intellettuale, artistico ed umano, senz'altro bisogno di mie inadeguate parole in questa circostanza che incarnerebbero termini atti neanche a riprodurvi in blandi ologrammi, un'idea dei mondi plurimi e intensissimi che, soli, leggerete e percepirete ad un profondo, fervido, livello.
Venire in contatto con gli scritti di R.Caccia è un'esperienza che lascia nel corpo, nella sensorialità, nell'anima, una traccia indelebile (indipendentemente da un potenziale e totalizzante accordo ideologico). Senza eccedere, vi garantisco che questo viaggio, attraverso le sue “parole-corpo” non sarà mai, per la vostra vita, come se non l'aveste compiuto. SDS.
Secondo
il pensiero cinese antico, in origine l’universo si trovava in uno stato
chiamato Wu Chi, parola che letteralmente significa “assenza di
differenziazione”. Ad un certo punto si formarono due “polarità” di segno
diverso: Yang il movimento e Yin la quiete. I due principi cominciarono
immediatamente ad interagire formando la “suprema polarità” o Tai Chi, il cui
simbolo più conosciuto è un’icona moderna al pari del volto del Che Guevara o
del marchio della Coca-cola. La nascita di Yin e Yang è considerata dai
filosofi cinesi la legge base dell’universo: in ogni parte del cosmo esiste
sempre una dualità, una coppia di complementari in continua trasformazione
l’uno nell’altro. Le qualità di Yin e Yang sono state proiettate a tutti i
livelli attraverso un sistema di corrispondenze complesso, per cui Yin è: il
negativo, il femminile, la terra, l’oscurità, la notte, la luna, il basso, il
dietro, l’interno, l’invisibile, il morbido, il freddo, il nero, il vuoto, il
pesante... Yang è, invece, il positivo, il maschile, il cielo, la luce, il
giorno, il sole, l’alto, il davanti, l’esterno, il visibile, il duro, il caldo,
il bianco, il pieno, il leggero... Ma nessuna di queste categorie ha un
significato morale: non ci sono buono e cattivo. La natura “si muove” alla
ricerca continua dell’armonia fra questi due principi; inoltre, tutte le caratterizzazioni
sono relative: ciò che è Yin in rapporto ad una cosa può essere Yang nei
confronti di un’altra.
Dall’interazione
di Yin e Yang nascono i “cinque elementi” (Wu Hsing), che non indicano tanto le
sostanze primordiali (come nelle omonime teorie occidentali), quanto i vari
stadi di trasformazione dei cicli della natura. Essi sono dei veri e propri
principi dinamici, tanto è vero che sarebbe più corretto e letterale definirli
“le cinque attività”. Queste cinque “fasi” sono dunque simboleggiate da: Legno
(Mu), Fuoco (Huo), Terra (Tu), Metallo (Chin), Acqua (Shui). Ogni elemento dà
origine al seguente ed è controllato dall’elemento che segue il generato, perciò:
il Legno brucia per produrre il Fuoco, le cui ceneri si decompongono in Terra,
dove nascono e da dove vengono estratti i Metalli, che una volta disciolti
diventano Acqua (Liquido), che nutre le piante e gli alberi. Questo è il
cosiddetto ciclo di creazione (Shen), ma esiste anche il suo opposto, il ciclo
di distruzione (Ke) o del controllo: il Legno è tagliato dal Metallo, che è disciolto
dal Fuoco, che è spento dall’Acqua, che è fermata dalla Terra, che è penetrata
dal Legno. I cinque elementi sono dunque interdipendenti e nessuno di essi può
esistere senza tutti gli altri.
Lo
stadio successivo nell’evoluzione dell’universo è rappresentato dalla
differenziazione fondamentale del mondo animato: la creazione del maschio e
della femmina. Infine, dai cinque elementi, secondo il “principio delle
mutazioni” (tutto nell’universo è in perpetuo movimento, ogni cosa nasce, si
trasforma e muore; nulla è permanente salvo la mutazione stessa) vengono creati
tutti gli esseri (“le diecimila cose”).
Gli
elementi sono stati associati ad innumerevoli aspetti, manifestazioni e
fenomeni quali: direzioni, emozioni, organi del corpo, colori, sapori, stagioni,
condizioni climatiche... A partire da ogni elemento si ha dunque una catena di
corrispondenze, le quali collegano strettamente tutti gli aspetti e tutte le
manifestazioni del Cielo, della Terra e dell’Uomo. L’uomo non è un essere
isolato nell’universo, ma costituisce un microcosmo in intima relazione con i
fenomeni del macrocosmo.
Questa,
in estrema sintesi, è la cosmogonia dell’antica Cina. C’è da dire che la teoria
dei cinque elementi ha influenzato tutti gli aspetti della civiltà cinese:
dalla medicina all’arte, dalla politica alle arti marziali.
Qualcuno,
giunto a questo punto, si domanderà il perché di questa rubrica. In effetti,
anch’io, in preda ad atroci rimorsi di coscienza, mi sono posto la questione. La
verità è che, essendo appassionato di Qi Gong e di poesia, mi è venuto
spontaneo tentare di unire questi due aspetti. Così, ho pensato di prendere la
teoria dei cinque elementi, esaminarne uno alla volta e scegliere il sentimento
umano ad esso associato come “leit motiv” di un discorso, incompleto e del
tutto arbitrario, tra il moralista ed il poetico.
Come
se non bastasse, volendo dare una parvenza logica, una sorta di coerenza interna
alla struttura di questo saggio (mi si perdoni l’ardire), ho pensato di far
corrispondere ad ogni elemento un continente! In questo modo, potrò pescare in
un “mare”, anzi in una “terra” piuttosto vasta alla ricerca di uno o più poeti
che in qualche modo siano in sintonia con l’elemento di turno. Ovviamente, sarà
come cercare “paglia” nel pagliaio (perché quale poeta veramente tale non ha
rappresentato nei suoi versi i principali sentimenti umani?) e vi dico subito
che ogni scelta sarà criticabile, quindi, vi risparmio la fatica di farlo.
Scherzi a parte, chiedo ai miei “cinque” lettori (venticinque è già stato detto,
inoltre mi sembrava troppo ambizioso, infine è più in linea con l’argomento) di
sopportarmi almeno... cinque numeri!
Nella
speranza che le mie chiacchiere non risultino del tutto inutili, brutte e
noiose, direi di passare senza altri indugi alla prima manifestazione delle
cinque “forze”, che, vista la rinascita di “Porpore” magicamente accaduta in
Primavera, mi sembrava naturale fosse l’elemento “LEGNO”.
Io
ho due Maestri nel campo delle discipline orientali, che ritengo veramente
degni di tale nome: Liu Dong (dal quale ho appreso numerose tecniche di Qi Gong
e tante perle di umanità e spiritualità) e Shin Dae Woung (campione di Kung-fu,
“fondatore” del Tai-chi che porta il suo nome e che io studio, nonché, e
letteralmente, “grande uomo”). Il primo descrive nei suoi corsi, tra le altre
cose, i “tipi umani” associati ai “cinque” elementi. Il secondo inizia e
finisce ogni lezione con “cinque” virtù. Mi sono permesso di trovare un
collegamento tra questi due aspetti. Così, Liu Dong dice che del carattere legno
“la radice è il Buddha”: i “tipi legno” possono “aiutare i mille esseri”, per
cui la virtù che li caratterizza è senza dubbio la prima che il maestro Shin ci
fa ripetere (e vi invito a farlo anche voi ad alta voce mentre la leggete):
SAGGEZZA!
Marcella Donati
“Percorsi (2)”
anno: 2000
misure: cm 93x73
tecnica: mista su tavola
“L’est crea il vento; il vento crea il legno. Le
forze della Primavera creano il vento nel cielo e il legno sulla terra. Esse
creano nel corpo un organo: il fegato e i muscoli... E gli occhi, e il colore
verde, e il sapore acido... E l’emozione dell’ira e l’abilità di produrre il
suono delle grida.”
Il
primo sentimento di cui parlerò è la rabbia. Si potrebbero dire molte cose su
quest’espressione dell’animo umano, ma quella di cui più mi piace parlarvi non è
la furia cieca e distruttiva, dettata, per esempio, dalla gelosia, dall’odio,
dalla vendetta, ma l’indignazione che nasce dalla consapevolezza
dell’ingiustizia.
Possiamo
dire che ciascuno di noi si arrabbia almeno una volta al giorno: spesso si
tratta di reazioni spropositate, conseguenza del nostro orgoglio o della nostra
vanità feriti, le quali maschere ci servono per vestire di un abito
presentabile le nostre paure più segrete. Purtroppo, succede anche di non
arrabbiarsi di cose che, invece, dovrebbero farci scattare in piedi furenti, a
volte per ignoranza, a volte per pigrizia o per assuefazione, altre per pura codardia.
Penso
che la rabbia, di qualunque natura sia, debba essere espressa, cioè “tirata
fuori”, per imparare a conoscerla e a gestirla, altrimenti si finisce con
l’usarla contro di noi, come molte teorie mediche (tra cui quella cinese) affermano
da secoli. Nel farla uscire, però, dobbiamo essere capaci di non rivolgerla
contro gli altri, di non arrecare offese, per non generare ulteriori inutili
sofferenze. Solo così potremo spezzare la catena dell’odio e della violenza.
Sperimentare cos’è, per trasformare la rabbia in energia riparatrice e
costruttiva.
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