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Tracce: Rubrica di filosofia e saggistica nelle monadi d'arcobaleno, e nella vita....





La Presente Trattazione prosegue e conclude l’analisi intrapresa in alcuni numeri precedenti sul Convegno di Baltimora del 1966.

Continuo testo di riferimento: “ AA. VV “La controversia sullo strutturalismo”  a cura di Richard Macsey e Eugenio Donato, Napoli, Liguori Editore, 1975.

 

Goldman

 

 

La relazione di Lucien Goldman, ci offre la possibilità di indagare i concetti fondamentali dello strutturalismo genetico.

Diciamo preliminarmente che la sua idea tende a proporre una conciliazione fra marxismo e strutturalismo (1) e che, a differenza di altri, considera la società come intrinsecamente relata alla struttura pur nella convinzione che quest'ultima sia un prodotto della psicologia dell'uomo e non un criterio di netta oggettività.

Il carattere significativo di un comportamento, dice Goldman, si rileva in relazione ad un problema e alla possibilità di risolverlo, "alla situazione globale in cui [il soggetto] si trova" (2) ."La struttura esiste per il suo carattere significativo che risulta dall’attitudine a svolgere una funzione" (3) . Le funzioni, del resto, possono essere svolte solo da strutture. Queste sorgono dall'applicazione ad un quadro di realtà di cui si vuole risolvere qualche problema: "le strutture nascono dai fatti e dal comportamento quotidiano degli individui [...] e, con la sola eccezione delle caratteristiche più formali [...] non sono permanenti [...]; un soggetto, in una determinata situazione, tende a cambiarla in modo conforme ai suoi bisogni [...] affettivi e intellettivi [...]. Dato uno squilibrio [...] il comportamento è significativo nella misura in cui tende a ristabilire un equilibrio " (4)

Durante le fasi storiche, a causa di eventi esterni, le strutture perdono efficacia e la razionalità della loro funzione (cioè quella di permettere ad un gruppo o un individuo, come abbiamo detto, di vivere nelle condizioni esistenti precedentemente (5) ) e devono essere modificate. Lo sviluppo storico delle strutture è previsto, quindi, ed è atto a consentire e poi preservare, l'adattamento del soggetto a nuove situazioni.

Strutture dunque di due tipi: a carattere prevalentemente biologico, in cui il soggetto è individuale, e a carattere prevalentemente sociale, in cui soggetto è transindividuale (per spiegare questo concetto di soggetto transindividuale Goldman fa l'esempio intuitivo i due uomini, Jean e Jacques, che spostano insieme un tavolo, ove il soggetto dell'azione non è distinguibile separatamente né in Jean né in Jacques ma in Jean-Jacques). Le relazioni fra individui che compongono lo stesso soggetto sono dette intrasoggettive, da distinguere da quelle inter-soggettive, cioè fra individui che non compongono lo stesso soggetto. In una società basata sulla divisione del lavoro, il soggetto non può che essere transindividuale, in quanto è il gruppo che provvede a soddisfare i bisogni dei singoli, e tutte le attività culturali, civili etc..., dipendono dalla collettività.

Le strutture inoltre possono essere collocate su tre livelli: inconscio, non-conscio e conscio.

Per inconscio Goldman intende "le significazioni delle strutture individuali, che sono in conflitto con quelle transindividuali, e possono, in conseguenza di questo conflitto, essere respinte o aver bisogno di aggirare [...] la censura per penetrare nella coscienza maniera deformata" (6).

Le strutture non conscie sono quelle invece "che determinano in gran parte il nostro comportamento senza per questo essere conscie o represse, come ad esempio nel caso di quelle fisiologiche dell'organismo, delle quali non abbiamo consapevolezza ma che, se spiegate da uno specialista, possono facilmente divenire conscie.

Le conscie, precisa inoltre Goldman, pur avendo chiarezza manifesta, "hanno quasi sempre un carattere parziale e inadeguato di ideologia e falsa coscienza”. (7).

Nella realtà questi tre livelli si trovano frammisti (e ogni individuo non è che un "mélange" di essi) (8) ma è compito del pensiero scientifico accettare di fare chiarezza al loro interno.

La scienza, per Goldman, come abbiamo accennato, non può essere totalmente oggettiva, in quanto prodotto della mente umana e relata alla situazione di un gruppo: Il soggetto che studia è anche quello che fornisce gli strumenti per studiare (9). Non si possono analizzare, le opere letterarie, riferendoci ad un soggetto singolo (l’autore). Questa tesi assume la forma di doppia congiuntura, in Goldman, da un lato verso un aggancio storico, dall’altro verso lo strutturalismo.

Per rendere intelligibile un’opera, bisogna studiare i gruppi sociali che ne hanno elaborato le strutture, e vedere come queste diano coerenza ad elementi frammentari del testo. La linguistica da sola non è in grado di fare ciò e rischia di appiattirsi nella ripetizione di costituenti sempre uguali. Un’opera non è un mero rispecchiamento riduzionistico, ma è un’elaborazione dell’apparato categoriale del gruppo attraverso il genio dello scrittore.


 

Lacan

 

 

L'intervento che Lacan propone al convegno si situa in un momento di grande attività dell'autore. (Basti pensare che nel 1964 ha fondato l' École Freudienne de Paris e che gran parte dei suoi scritti verranno pubblicati non molto dopo il 1966).

Quello che egli prospetta è un "ritorno a Freud" (10) che tenga conto anche degli strumenti del sapere contemporaneo quali la linguistica e lo strutturalismo, e che liberi il campo dall'addomesticamento di Freud operato da molti dei suoi seguaci, rei di aver "tradito" la rottura epistemologica del maestro (11).

Con Freud, Lacan propone una ridefinizione del tradizionale uomo cartesiano che incentra se stesso sulla coscienza e fa di essa la sua forza: e, giocando su alcune famose battute come " penso dove non sono, dunque sono dove non penso " (12), mostra che la vera dimora dell'uomo è nell'inconscio. Dunque un anticogito in Lacan e una visione del soggetto anticartesiana: addirittura, secondo lui, l'Io non è che un sintomo privilegiato all'interno del soggetto, il quale (soggetto) è del tutto asservito all'Altro. L'Io "è il sintomo umano per eccellenza, la malattia mentale dell'uomo" (13). L'inconscio invece è una sorta di "X loquente" ovvero è strutturato come un linguaggio.

Lacan è solito precisare che la scoperta della linguisticità dell'inconscio è di Freud e che lui ha potuto proseguire su questa linea grazie ai più recenti studi, svolti in tale settore.

Si ha inoltre il primato, per lui, dell'ordine simbolico: " ossia della concezione secondo cui l'individuo risulta attraversato da una impersonale e onnipotente trama di simboli e significanti che lo costituiscono ma che egli non ha creato e non domina mai, essendone più che la causa, l'effetto o il prodotto " (14).

L'accesso al simbolico avviene tramite L'Edipo e comporta una scissione fra "lo psichismo conscio e quello inconscio" (15).

Il soggetto rimane diviso da una barra di separazione, " si perde il rapporto immediato da sé a sé caratteristico della fase prelinguistica e presimbolica " (16). Del resto, l'utilizzo stesso della parola, postula (di suo) una diversità, (scissione), fra ciò che è vissuto e il segno che lo richiama... (la parola è Altro da me), ed è così che nel soggetto diviso " si afferma la trama metacoscenziale dell'Es" (17).

Il linguaggio quindi, inducendo costituzionalmente una separazione fra chi parla e i significanti che questi utilizza (cioè fra il soggetto dell'enunciazione e il soggetto dell'enunciato) è la condizione perché avvenga la dissociazione e quindi non solo è il costituente dell'inconscio ma anche la sua conditio sine qua non in quanto è lui stesso a crearlo, “reduplicando il soggetto su due piani” (18).

Lo scarto induce Lacan a privilegiare il ruolo del significante sul significato, il quale non si identificherà mai completamente nel significante, pur esteriorizzandosi in esso.

l'Es parla dunque, ma parla un linguaggio indecifrabile alla coscienza: a questo è vòlta la psicanalisi, alla decifrazione dei suoi messaggi: e per far ciò necessita dell’ausilio della linguistica. Da qui la considerazione del sintomo come significante di un significato rimosso, censurato.

"Si può dunque dire che è nella catena del significante che il senso insiste, ma che nessuno degli elementi della catena consiste nella significazione di cui è capace in quello stesso momento" (19). [...] "Si impone la nozione di uno scivolamento incessante del significato sotto il significante" (20). Si pensi a questo proposito, ad esempio, ai sogni, ove i significanti operano liberamente utilizzando associazioni per niente dominate dal soggetto. L'uomo è costretto allora a porre una distanza fra sé e la verità, fra conscio e inconscio, per costituirsi come soggetto. Ma la sua verità risiede nell'inconscio, di cui l'Io non è che un mero fantasma. Questa verità non è mai coglibile compiutamente, pena l'annullamento (del soggetto). - Si potrebbe obiettare: come può l'inconscio essere strutturato come un linguaggio se esso nasce proprio dalla scissione operata dal linguaggio fra realtà e modo di significarla? Ed è quindi ‘quella verità’ alla quale il linguaggio non giungerà mai? Si potrebbe rispondere allora che l’inconscio parla all'Io, alla coscienza (solo) attraverso il linguaggio e non si identifica con esso, ma forse si ridurrebbe la portata epistemologica di Lacan (come Lacan rimproverava essere stato fatto con Freud). - La vita coscia non è che una metafora di quella inconscia.


[1] Cfr. SERGIO MORAVIA, Lo strutturalismo francese, Firenze, Sansoni, 1975, p.21 e segg. (torna al testo)
[2] AA. VV. La controversia sullo srtutturalismo, ed. cit. p.459. (torna al testo)
[3] Ivi, p. 460. (torna al testo)
[4] Ivi, p. 149. (torna al testo)
[5] Cfr. AA. VV. La controversia sullo strutturalismo, ed. cit. p. 150. (torna al testo)
[6] Ivi, p. 461. (torna al testo)
[7] AA. VV. La controversia sullo strutturalismo, ed. cit. p. 461. (torna al testo)
[8] Cfr. Ivi, p. 463. (torna al testo)
[9] Cfr. Ivi, p. 464. (torna al testo)
[10] NICOLA ABBAGNANO, Storia della filosofia, volume settimo, La filosofia contemporanea 1, di Giovanni Fornero, Milano, TEA, 1996, p. 418. (torna al testo)
[11] Cfr. ivi, p. 421. (torna al testo)
[14] NICOLA ABBAGNANO, Storia (torna al testo)
[15] Ivi, p. 432. (torna al testo)
[19] NICOLA ABBAGNANO, Storia della filosofia, ed. cit. p. 433. (torna al testo)

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