Ci
sono vari atteggiamenti nelle persone che generano in me un moto interiore di
rabbia. Tutti quanti si possono però ricondurre, nel mio modo di vedere le cose,
a una “maschera” tipica di noi italiani (ma non solo!): la furbizia. Chi sono
per me i furbi?
Furbi
sono innanzitutto i prepotenti, quelli che “hanno sempre ragione”, quelli che
“fanno sempre come gli pare”, quelli che dicono “lei non sa chi sono io”,
quelli che “la vogliono vinta”, quelli che “si approfittano dei deboli”, quelli
che “abusano della propria posizione di potere”, quelli che “calpestano regole,
fiori e persone”.
Furbi
sono gli “ignoranti contenti”, quelli che dicono che “con la cultura non ci si
riempie la pancia”, quelli che si accontentano delle teorie del Tg o della
testata giornalistica amica.
Furbi
sono i violenti, quelli che fanno male al prossimo, che si accaniscono con chi
non si può difendere: persone, animali, ambiente.
Furbi
sono i razzisti d’ogni tipo: razza, religione, sesso, età, nazionalità,
costume, gruppo, sport, ecc.
Furbi
sono i bugiardi, quelli che vogliono metterti di mezzo, prenderti in giro,
mancare di rispetto.
E
poi quelli che non credono nelle tue capacità, gli invidiosi, gli adulatori, gli
accidiosi, gli avari, gli ingordi, i denigratori...
Ma
non ci aveva già scritto qualcosa un certo Alighieri? Avete ragione, mi fermo
qua.
Vorrei
chiudere l’argomento con due piccoli esempi di quelle cose quotidiane che mi suscitano
rabbia, anzi che mi fanno proprio incazzare! Sì, lo so non è un’espressione molto
signorile da usare, ancora meno da scrivere, ma quando la misura è colma,
bisogna traboccare. Sono storie vere che ho avuto modo, direttamente o
indirettamente, di conoscere, ma so per certo che ognuno di noi ne potrebbe
riempire pagine a migliaia, purtroppo. Quello che mi piace pensare è che parlare
e riparlare di questi argomenti ci aiuti tutti ad essere almeno un po’ più
attenti e un po’ più coraggiosi nel fare qualcosa, perché i diritti umani
devono valere per tutti e non solo per la maggioranza. Dobbiamo avere a cuore
un concetto un po’ più alto di democrazia che non quello dell’alternarsi di due
partiti al potere...
Si
comincia con la cultura! Sono appassionato di cinema e questo non dipende dal
fatto, puramente accidentale, che mi posso permettere di andarci con le mie “gambe”,
ma da una passione che attinge al mio bagaglio emotivo e culturale. Allora,
perché esistono ancora luoghi dove chi non cammina, a causa di un handicap, è
costretto a rinunciare oppure a “chiedere aiuto” per salire e scendere le
scale, aprire le porte, ecc.? Non è giusto che le persone, per godere di un
diritto, debbano umiliarsi.
So
da amici insegnanti che esistono istituti “religiosi” che non accettano
disabili perché non possono permettersi di pagare personale di sostegno; ma
anche scuole pubbliche che hanno soldi solo per progetti con docenti esterni rivolti
a “tutti” i bambini (sani!), mentre non assumono professionisti che si possano
prendere cura di quelli con handicap gravi. Si tratta di scelte e dato che anche
la scuola ormai è sempre più un’azienda che deve accaparrarsi clienti, non sarebbe
una buona pubblicità se da fuori si vedesse che ci sono “neuro-psichiatri”
nell’organico. Qualcuno potrebbe pensare: “Oh, mio dio! Una scuola per matti!
Il nostro pargolo mandiamolo altrove!"
Credo che il grado di progresso (ammesso che di
“freccia” in tal senso si possa parlare... ma questo è un altro discorso che ci
porterebbe lontano e che forse affronteremo un’altra volta) di una società si
misuri da quale trattamento riserva ai gruppi più deboli: i bambini, gli
anziani, le donne, i malati, gli immigrati, in una parola le minoranze. In
particolare, delle istituzioni portanti di uno Stato ho sempre ritenuto
fondamentali la Scuola, che è investire sul futuro, e la Sanità, che è
preservare questo futuro, a partire dalla speranza.
Guardate le nostre scuole, prima dal di fuori,
nella bruttezza della loro edilizia, poi dal di dentro, nei programmi troppo
nozionistici e repressivi della creatività (che è il bene più prezioso dei
giovani) e nella contrapposizione immorale tra “corpo docente” e corpo studentesco.
Poi, andate in un ospedale, nelle corsie, tra i
letti degli ammalati: quanta sofferenza e quanto poco amore attorno! Non solo. Tempo
fa sentii alla radio un cronista citare un’indagine statistica secondo la quale
i morti per “mala-sanità” sono molto più numerosi di quello che si possa
immaginare. E non tanto per l’operato di menti deviate nel corpo medico o
infermieristico, ma (ancora più subdolo) per gli errori diagnostici in assoluta
buona fede, per l’eccesso o l’uso improprio di farmaci e di bisturi... perché
sapete, nel Medio Evo si curava come si curava, ma la nostra Civiltà non è mica
l’ultimo stadio dell’evoluzione e non crediate che la barbarie sia stata tutta
sconfitta nelle ere precedenti, o confinata fuori dall’Occidente libero,
democratico e super-tecnologico.
Vi lascio un ultimo spunto di riflessione che credo
susciterà abbastanza rabbia in qualunque essere umano con ancora due o tre
neuroni funzionanti e un briciolo di cuore...
“ Si crocifigge un cane per studiare la durata
dell’agonia di Cristo. Si squarta una cagna gravida per osservare l’istinto
materno sotto il dolore intenso. Una equipe di cosiddetti scienziati paralizza
un branco di gatti, sega via la volta cranica e stuzzica il cervello mentre le
bestiole non anestetizzate sono costrette a inalare varie concentrazioni di
anidride carbonica, e alla fine si ha la riprova di quanto già si sapeva da
anni: che esiste una correlazione tra la concentrazione dell’anidride carbonica
nel sangue e gli squilibri nervosi. Altri ricercatori immergono in acqua
bollente 15.000 animali diversi, poi somministrano a metà di essi un estratto
epatico di cui sono note da tempo le proprietà terapeutiche in caso di shock.
Com’era da aspettarsi, gli animali trattati col farmaco agonizzano più a lungo
degli altri.
Si costringono dei cani a bere soltanto alcool puro
per oltre un anno, per ottenere “la prova scientifica” che l’abuso di alcool è
nocivo. Migliaia di topi, conigli e cani, per lo più tracheotomizzati, vengono
costretti a fumare sigarette per mesi e anni, e naturalmente molti muoiono: ma
gli sperimentatori subito avvertono che non è possibile alcuna trasmissione di
dati validi all’uomo.
(...)
Da uomini con tanto di laurea, giorno per giorno
milioni di animali indifesi – soprattutto cani, gatti, conigli, cavie, topi,
scimmie, maiali, ma anche cavalli, asini, capre, uccelli e perfino pesci –
immobilizzati e imbavagliati e spesso con le corde vocali recise, vengono
lentamente accecati con acidi, avvelenati a piccole dosi, sottoposti a
soffocazione intermittente, infettati con morbi mortali, sventrati, eviscerati,
segati, bolliti, arrostiti vivi, congelati per essere riportati in vita e ricongelati,
lasciati morire di fame o di sete, molto spesso dopo che sono state resecate
parzialmente o totalmente le glandole surrenali o l’ipofisi o il pancreas o
dopo sezione del midollo spinale. In un solo cervello si conficcano fino a 150
elettrodi o vi si iniettano vari acidi o se ne asportano parti. Le ossa vengono
spezzate una a una, i testicoli vengono schiacciati a martellate, si lega
l’uretra, vengono recise le zampe, estirpati o trapiantati vari organi, si
mettono a nudo i nervi, si procede allo smidollamento della spina dorsale
mediante sonde di metallo, vengono cuciti gli sbocchi naturali ‘per vedere cosa
succede’, poi vengono attentamente osservate le sofferenze, che possono durare
settimane, mesi, anni, finché non sopraggiunge la morte liberatrice, che per la
stragrande maggioranza di queste creature sarà l’unica anestesia che avranno
mai conosciuto.
(...)
Si tratta di casi riferiti con tutta naturalezza
dagli stessi ‘ricercatori’ sulle riviste medico-scientifiche, tra cui l’inglese
The Lancet (‘Il bistruri’), la più autorevole di tutte.”
(Imperatrice Nuda, di Hans Ruesch,
Civis 1976).
Se questa è scienza...
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