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segue da Poesia



Intervista


Da Di un Tu quasi noi EDIZIONI DEL LEONE, Venezia, 2005, traiamo questi embelematici e bellissimi testi

 

DI DONNA IN STANZA

ora, i tuoi piedi momentaneamente nell’ombra.

e gli specchi antichi chiusi, nell’apprensione dell’ora.

disegnano una trasparenza di oggetti che ti esclamano priva di età.

 

come una cornice mortale di abitudini,

la casa dimezza spaventi e rumori di te che ti pieghi.

 

acciottolii di stoffe dalla cucina remota che dà sul giardino degli

sguardi,

dove turbi le mie donne di ieri con un sensibile filo di refe

che mi raggiunge ad una pagina di andanti,

incerti tra tende e bisbigli di labbra che si screpolano.

 

la calca dell’erba forza le poche finestre rimaste mute.

 

la casa imposta una dialettica di utensili usciti dal comune senso di

unità,

ma non dall’uso improprio dei nostri gesti,

il pavimento che ti riaffaccia in un malessere di luoghi periti tre le

mani,

gli scaffali che ti esaminano mentre posi brossure di dialoghi,

la sedia accanto alla soglia che imbarazza il tuo andare intonso ed

oltre.

 

 

dunque il rumore delle cose dovute, mentre ti chini su di me, placa

il domani.

 

la stanza imbarca quella fretta d’amanti che raschia il fondale e fissa

la leggerezza.

non dubbio preme il cuscino, né raccogli stupori a mezz’aria.

la mia camera da letto sussurra favori di luce

che ti fa teoria di paesaggi appoggiati al mio osservarti,

i capelli sparpagliati, i seni lambiti dal lenzuolo,

le dita che intraprendono il ruolo del tuo limite,

il margine della pagina oltre il quale scrivo.

 

indiscreta è la provenienza del tempo che cade su di te

e il cielo ha parole, se lo ignori, che ti concludono, come un capiree

non capire.

 

solo quando non parli ti assomigli

 

 

BREVE E PACATA IPOTESI D’UTUNNO.

SUL SAPERE E SUGLI AMORI POSSIBILI

 

un tutt’uno il lago ed il cielo, metallici e spettinati.

 

e non saprei come spostare le sponde che ti posano qui,

tra il dire e l’avere, quasi fossero, tra salici e darsene.

 

sappiamo tuttavia che il remo affonda nel riflesso capovolto,

dove siamo possibili

nella fissità di un paese provvisorio;

 

e non oltre sapere

sin dove lo scafo si arresta nell’erba.

 

pensavo ti proponessi come questo mattino d’autunno,

ossia come ci amassimo due volte, per davvero e per gioco


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