Giovanna Frene, Spostamento (Poemetto per la memoria), Lietocolle,
Como, 2000
Si è portati a pensare che una compagine composta
da poco più di dieci testi sia un prodotto insufficiente
per desumere le capacità artistiche ed espressive di un
autore: non è questo il caso di Spostamento, prezioso
poemetto di Giovanna Frene che in questa compagine organizza
e struttura un percorso mnemonico-conoscitivo attorno al
tema della perdita. Come possiamo desumere dalla Nota
posta alla fine del volumetto e da una dichiarazione della
stessa Frene intitolata “Non sono un poeta necrofilo”, doppia
è infatti la dolorosa ferita da cui prende avvio la scrittura
spesso polifonica di questa autrice: il suicidio dell’amato
zio e la consapevolezza di un avvenuto distacco sentimentale.
Strutturato anche visivamente come una sorta di lapide,
di memoria, questo scritto si concentra sui momenti
essenziali di un’elaborazione luttuosa: “ho costruito
una cassa”, dirà infatti Frene nella Clausola
posta a conclusione dei dieci movimenti qui raccolti. Una
“poesia dolorosa/ necessaria” che ripercorre nel
suo divenire la “Cronometereologia” del dopo, in
un non-luogo dove solo il tempo per capire e lo spazio emozionale
indispensabile a contenerlo contano realmente. Annullata
la dimensione spaziale, forgiata una “non descrizione”,
gli oggetti nominati in questi testi vengono privati della
loro simbolica apparenza per esprimere, in un dettato ininterrotto,
l’essenza che celano sotto la forma: il “campo memoria”,
la “terra che cova […] morte”, “melma sul riflesso
delle […] vene”, solo per citare alcune fra le soluzioni
espressive più riuscite, ci mostrano quanto l’elemento terrestre
interagisca con il corpo non solo fisico dell’assente. Scrittura
come terra/campo-di-sepoltura, quindi? No, questa scrittura
è intenzionalmente sviluppata per resistere alla “fuga
dei venti orali”, è “più immortale della carta”:
cartografia di un “male al negativo” (o di un “negativo
di male”? – ci chiediamo) perdura oltre la morte fisica,
oltre il distacco, per farsi altro, divenire irradiazione
conoscitiva che superi la “santa illusione”, le vicende
terrene.
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